La V edizione in italiano

Ascolta una pagina del nuovo libro LA SPERANZA NON DELUDE sul canale you tube di Santina:

http://www.youtube.com/watch?v=NTssqdPwSk8&feature=channel_page 

IN ANTEPRIMA LA NUOVA COPERTINA DEL LIBRO!!!! SCARICA IL PDF

 

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Studio copertina ed inserto fotografico quinta edizione power point. Clicca per vedere le fotografie proposte per la copertina e per l’inserto fotografico:

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inserto 

copertina

 

TRARRE GIOIA DALLA CURA DEI PAZIENTI

 

 Carissimi Amici di Santina è in uscita ad ottobre la quinta edizione del libro sulle vicende di mia madre. In questi giorni ho ricevuto un bellissimo regalo: il Professor Paolo Ferrazzi ci narra in esclusiva cosa prova nel suo cuore quando opera al cuore un  paziente. E’ una pagina di grande umanità che costiuisce l’introduzione al prossimo libro dal titolo La Speranza non delude. L’articolo ha in se il fascino di poter svelare l’animo del noto cardiochirurgo nei momenti chirurgici più importanti e decisivi. E’ una pagina di grande bellezza per il fascino che suscita. E’ raro trovare un cardiochirurgo che sappia scrivere con immediatezza il proprio stato d’animo durante un interevento chirurgico. Io la regalo a voi con l’auspicio che faccia bene anche a voi e nella segreta speranza che tale pagine si possano diffontere e la gente possa conoscere l’umanità presente in professionisti eccellenti che – anche in una sanità problematica come quella italiana – continuano a lavorare in modo eccezionale.

Buona lettura ed attendo un vostro commento!!! 

I Ferr(azz)i del mestiere
E poi dicono che gli artigiani non ci sono più. Il racconto del professor Ferrazzi (che ha la stoffa del narratore) è la prova che ci sono ancora, eccome. E mettono le mani su quanto ci sia di più prezioso, la nostra vecchia insostituibile carcassa, piena di marchingegni e ingranaggi che ogni tanto necessitano di una regolata. Quando il campanello d’allarme suona, interviene uno di questi mastri orologiai, attorniato da una squadra di affiatati e valenti garzoni – ognuno con un compito ben preciso. Si muovono come un’orchestra impegnata in una sinfonia di ardua esecuzione (Mozart? Beethoven? Mahler?), come se ne andasse della loro vita. Perché sanno che sul banco della bottega, oltre e sotto il groviglio di tubi e valvole e materia fluida e densa c’è un corpo che palpita; e quando stacca il cuore per concedergli una tregua, dopo un fantastiliardo di battiti ininterrotti, anche un artigiano di lungo corso, che ne ha visti di meccanismi passare sotto la lente, trattiene il respiro. Perché l’artigiano è uomo delle pause, degli attimi sospesi che lo fanno aderire del tutto all’oggetto che sta manipolando. Pausa, movimento millimetrico, pausa, gesto calibrato, pausa. Svelto e preciso. Un ritmo che entra nel sangue dopo anni di allenamento, che non inaridisce nella ripetizione ma trova soddisfazione nella routine. Nella quale si nasconde, sotto il ronzio dei macchinari e dei monitor di servizio, la meraviglia di un corpo che torna a palpitare. Finalmente si torna a respirare, a battere il tempo, orologio e orologiaio insieme. E quando la tua vecchia madre ha bisogno di un tagliando impegnativo, ti consola sapere che è finita nelle mani di chi sa usare i Ferr(azz)i del mestiere. Le mani e il cuore, anzitutto.

 

 

Se vuoi puoi scaricare il fromato PDF della pagina della cultura del quotidiano IL TEMPO di domenica 13 luglio 2008 a pagina 24. Il giornale della Capitale ripropone quasi integralmente tale suggestiva pagina di Ferrazzi:

introduzionelibroferrazzi

il 30 Luglio il testo del cardiochirurgo appare sull’Eco di Bergamo:

ecodibergamo30-7-2008 

 Il 18 luglio 2005 inizio il lavaggio delle mani prima della chirurgia. Questa manovra, che eseguo tutti i giorni, prima di essere una tecnica di prevenzione delle infezioni, è per me un “rito”, che mi consente di estraniarmi dalla totalità dei miei pensieri e concentrare la mia attenzione su un solo paziente.Oggi devo intervenire su Santina, mamma di Don Luigi Ginami, una signora che oppone alla sua grave malattia e sofferenza, grande serenità interiore e voglia di vivere. Parlando con lei, prima dell’intervento, ho potuto intuire la grande determinazione nell’affrontare l’intervento, per poter continuare a cogliere i frutti della sua esistenza.– Si, Paolo, oggi devi trovare grande concentrazione per aiutare Santina, lei ha una brutta malattia che riguarda la valvola aortica, inoltre quello che preoccupa di più, sono le arterie coronariche che sono completamente calcificate. So che dovrò stare attentissimo tra poco quando entrerò in Sala Operatoria, dovrò cercare con grande accuratezza, un punto delle coronarie libero dalle calcificazioni per poter sistemare il by-pass. Dovrò essere veloce per non allungare troppo l’intervento in una persona così anziana e debilitata, ma accuratissimo, specialmente nella parte posteriore del cuore dove un minimo sanguinamento potrebbe essere fatale.Dovrò proteggere bene il cuore, per permettergli un’immediata ripresa che consenta dopo l’intervento di irrorare bene gli organi già molto compromessi; in particolare sono preoccupato della funzione renale e dei polmoni.I cardiologi che hanno studiato accuratamente Santina prima dell’intervento erano anche loro consapevoli dei rischi di una possibile disfunzione degli organi e della difficoltà di eseguire dei by-pass su delle coronarie così calcifiche; tuttavia, nello stesso tempo, sono stati proprio loro a convincermi a sottoporla ad intervento, essendo certi che senza l’operazione a Santina resterebbe poco da vivere. Come tutte le mattine, mi tornano in mente le parole del mio maestro americano, 70 anni di cui 50 spesi per la cardiochirurgia, durante il mio periodo di training negli Stati Uniti “Paolo, non trasformare nessun intervento in una routine; tutti i giorni che entrerai in Sala Operatoria, per il paziente quello sarà il giorno più importante della sua vita”.Ho acconsentito che il figlio di Santina, Don Luigi Ginami, entrasse ad assistere all’intervento, da questo ritrovo serenità. Visto che Don Gigi aveva già assistito ad altri interventi, ho pensato di renderlo partecipe, come spettatore attivo durante la lotta per la vita di sua madre. Ricevo tranquillità e determinazione anche dal sapere che è al lavoro a pochi metri da me un’équipe di 8 persone, di grande qualità tecnica ed umana.Innanzitutto Luca Lorini, Primario Anestesista, ma principalmente compagno di tanti interventi chirurgici complessi e disperati, spesso in urgenza e di notte.Abbiamo lavorato all’unisono in centinaia di interventi, mai una sbavatura in tanti anni, con la consapevolezza reciproca di lavorare per il bene del paziente, in condizioni spesso difficili e drammatiche.Poi Samuele Pentiricci e Kostantin Deyneka, che mi assisteranno durante la fase centrale dell’intervento, che mi affascinano per la loro gioventù e bravura tecnica e che io cercherò di trasformare da ottimi “tecnici di chirurgia” a “dottori in chirurgia”.Quindi la ferrista, la sua aiutante, l’aiuto anestesista, ed il tecnico della circolazione extracorporea , che sono sicuro daranno un contributo essenziale per la buona riuscita dell’intervento.Suona il timer che avevo impostato per una durata del lavaggio delle mani di 5 minuti, e tutti questi pensieri mi hanno dato grande serenità, posso entrare in Sala Operatoria, voglio bene a Santina come a migliaia di pazienti che ho operato, sono sicuro che tutto andrà bene.Aziono con il piede il pulsante che apre la porta per passare dalla sala lavaggio mani, alla sala operatoria, tenendo le mani alzate. L’atmosfera della sala operatoria è perfetta, tutti sono ai loro posti. Incrocio lo sguardo di Don Luigi, e sento che lui capisce il mio stato d’animo ed io il suo, in un moto di reciproca intesa.Mentre asciugo le mani, prima che la ferrista mi aiuti ad indossare il camice sterile ed i guanti, chiedo a Samuele se durante la preparazione dei condotti per i by-pass si siano presentati problemi. Percepisco un po’ troppa tensione nell’équipe chirurgica, e chiedo di cambiare il sottofondo musicale, da musica leggera a musica classica, più adatta ad isolare il tavolo operatorio dalle tensioni esterne.Sono pronto: Samuele mi lascia il comando dell’intervento alla destra del paziente e passa dalla parte opposta per aiutarmi. Sarà la musica classica, o la mia presenza, ho la sensazione che l’età media dei componenti in sala operatoria sia improvvisamente aumentata, l’atmosfera diviene ovattata, e si può cominciare.“Vai in circolazione extracorporea” – dico al perfusionista: il cuore dilatato per la malattia, a mano a mano che il sangue defluisce nell’ossigenatore della macchina cuore-polmone, si sgonfia dal sangue e mi permette una ispezione.L’aorta presenta delle placche calcificate, e come mi aspettavo le coronarie sono dei tubi calcifici, ma non è più il tempo delle preoccupazioni, so che ce la farò ad inserire i bypass. Mi rivolto quindi al perfusionista. “Riduci il flusso della macchina extracorporea, clampaggio dell’aorta e via con l’infusione della soluzione cardioplegica”. Il cuore progressivamente rallenta i battiti fino a fermarsi, grazie alla cardioplegia che lo proteggerà durante l’intervento. Sembra quasi che dopo 79 anni di pulsazioni, sia molto stanco per la malattia, e voglia fermarsi per riposarsi un po’.Inizio con i by-pass prima il vaso discendente posteriore, della coronaria destra, il più calcifico. Esploro con grande attenzione tutto il vaso: “Samuele, ecco 3-4 mm senza calcificazioni, incidiamo in questo punto.” Il vaso appare di ottimo calibro. “Dammi la vena e filo 7/0 di prolene per suturare” chiedo alla ferrista. L’anastomosi viene eseguita velocemente, 5 o 6 minuti, come poi anche per il ramo coronarico laterale ed il ramo discendente anteriore a cui viene applicata l’arteria mammaria, che Samuele aveva isolato perfettamente in precedenza.Alla fine dei 3 by-pass, durante la nuova dose di cardioplegia per proteggere il cuore, posso alzare gli occhi, e leggo un po’ di tensione intorno a me. Don Ginami è affacciato sul campo operatorio dietro il telo dell’anestesista, e il suo sguardo, pur affascinato, lascia trasparire la preoccupazione.Devo ridurre la tensione in sala, strizzo l’occhio a Gigi Ginami, sento infatti che il nostro rapporto si è trasformato durante l’intervento da formale ad amichevole. “La prima parte dell’intervento è stata molto soddisfacente” gli dico.Poi scherzo con la ferrista e Samuele sulla pesantezza della musica classica, all’ascolto della quale li obbligo.La cardioplegia è finita, sono pronto ad aprire l’aorta per sostituire la valvola. Quando la valvola appare, piena di calcificazioni con un piccolo passaggio di 4-5 mm al centro, ti chiedi sempre come fanno i pazienti a continuare a vivere in questa situazione.Asporto velocemente la valvola, tolgo il calcio dall’anello valvolare con grande accuratezza per poter poi sistemare la protesi. Scelgo la protesi del diametro adeguato e decido per una valvola biologica pericardica n. 21, che penso sia la scelta ottimale per Santina.“Samuele, esponi bene , devo essere sicuro che nessun frammento di calcio sia stato trattenuto nel cuore”.Inizio la sutura a punti staccati con 24 fili disposti in ordine, come una ragnatela.Incrocio di nuovo lo sguardo di Gigi, adesso sempre più affascinato e meno preoccupato. Rapidamente i fili vengono passati sull’anello della protesi, e legati. La protesi valvolare si inserisce bene nell’anello, la posizione è perfetta e sembra una valvola normale; anche il risultato estetico è raggiunto.Guardo Luca Lorini, che con un cenno mi conferma il buon andamento dell’anestesia e della circolazione extracorporea; la sua aria serena mi è sempre di grande conforto negli interventi più difficili.“Via ragazzi, chiudiamo di corsa la breccia sulla parete dell’aorta creata per accedere alla valvola aortica, siamo al limite del tempo con la cardioplegia e la protezione miocardica, sono passati 1ora e 20 minuti dal clampaggio”. Finita la sutura, inizia la riperfusione del cuore, con il sangue per rimuovere il liquido cardioplegico. “Luca sono pronto a declampare l’aorta”.“Bene Paolo, il potassio è nei limiti, puoi declampare l’aorta” mi risponde Luca.Faccio defluire il sangue nell’aorta, finalmente senza più reflusso nel ventricolo, grazie alla nuova valvola.Il cuore, riprende lentamente la sua funzione, prima 20 battiti al minuto, poi 40, infine aggancia un ritmo normale con 80 di frequenza, e sembra contrarsi bene, già meglio rispetto a prima dell’intervento.Ringrazio, dentro di me, il Signore, per avermi permesso di fare questo mestiere, che mi fa assistere tutti i giorni a questa meravigliosa sinergia tra la natura umana e la tecnologia e di poter trarre goia dalla cura dei pazienti.“Santina, è ancora presto, ma sono sicuro che potrai ancora godere la tua vita, vicino ai tuoi nipoti, alla preghiera che ti ha confortato nella sofferenza della malattia e nell’amore dei tuoi figli che mi hanno affidato il cuore della loro mamma”.Il cuore ora batte bene. Velocemente suturiamo le due vene alla parete dell’aorta, manovra delicata per la presenza delle calcificazioni.“Luca sei pronto a sospendere la circolazione extracorporea”?“Sì, tutto a posto, ho ripreso completamente la ventilazione polmonare”.Il momento dello svezzamento dalla extracorporea nella nostra chirurgia è molto stressante, ma ha anche un grande fascino. Mi fa pensare sempre ad un piccolo bambino che cammini in equilibrio grazie alla mano della madre, e che improvvisamente si stacchi e cammini libero, da solo, nella stanza. Allo stesso modo, durante questa fase dell’operazione, l’assistenza fornita dalla macchina cuore-polmone viene gradatamente ridotta, ed il cuore riprende a battere da solo irrorando autonomamente tutti gli organi.“L’extracorporea è sospesa ed il cuore ora va da solo” annuncia il perfusionista con tono deciso e soddisfatto, felice della buona conclusione del suo lavoro di grande responsabilità.Tutto è in ordine, gli occhi di tutti esprimono soddisfazione.“Samuele, grazie, riprendi il comando dell’intervento, mi raccomando l’accuratezza dell’emostasi, non deve sanguinare”. “Grazie a tutti”.Mi stacco dal tavolo operatorio, e mi libero della luce frontale, degli occhiali di ingrandimento, del camice e dei guanti, quindi incrocio Don Ginami e gli stringo un braccio, con calore, e lui mi ringrazia emozionato per queste 2 ore sicuramente di grande intensità, di preoccupazione, di amore verso la madre, di curiosità verso cose così nuove per lui.E’ felice ed emozionato per l’esperienza che ha appena vissuto.E’ stato un bene averlo fatto assistere all’intervento della madre.Dopo un’ora di lavoro di Samuele e Kostantin per garantire l’emostasi e risuturare l’incisione, l’intervento di Santina è terminato.Luca segue tutte le fasi delicate del trasporto dalla Sala Operatoria alla terapia intensiva, con gesti sempre attenti e determinati. Tutto procede per il meglio e dopo alcune ore Santina viene svegliata , estubata e svezzata dall’importante monitoraggio degli organi vitali, necessario in questo tipo di chirurgia complessa.Dopo 48 ore Santina lascia la terapia intensiva per essere trasferita in reparto con dei parametri vitali ottimali.La sera del 22 luglio, durante il giro serale in reparto, visito Santina, le sue condizioni generali, la ripresa graduale della funzione dei suoi organi, mi tranquillizzano. “Questa notte posso dormire tranquillo” pensai dopo aver visitato in reparto numerosi pazienti operati i giorni precedenti e i pazienti in terapia intensiva operati il giorno stesso.Ma alle 2 proprio di quella notte, arriva, come fulmine a ciel sereno, una telefonata dalla Terapia Intensiva.“Sono Annamaria dottore, il Dott,. Lorini le chiede se può venire di corsa perché la Signora Santina ha avuto un arresto cardiaco improvviso in reparto, per un’aritmia”.Spesso mi sono chiesto dove io abbia trovato la forza per affrontare e superare momenti così difficili, come quello successo a Santina nella notte del 22 luglio 2005, eventi per fortuna rari, ma non ho mai trovato una risposta a tale quesito.Forse sono riuscito a superare nel corso degli anni eventi così laceranti, e continuare quindi tutti i giorni la mia professione, grazie al mio rispetto per un disegno superiore, pur stentando a comprenderne, umanamente e scientificamente le motivazioni.La storia di Santina, è diventata dopo l’episodio di arresto cardiaco, un calvario senza martiri, una sfida umana per la vita, ed infine un successo di solidarietà, spiritualità e scienza medica.Lascio alle pagine di Don Luigi Ginami la trattazione di questa storia di intenso amore e dedizione verso “mamma Santina”, conservando nel mio intimo quanto di professionale, umano e spirituale tutto quanto sopra mi ha arricchito.

 

 

 

 

LA SOFFERENZA E’ SORGENTE DELLA GIOIA CRISTIANA

 

Nel prossimo mese di ottobre 2008 il libro che riguarda Santina – e già edito in quattro edizioni (una delle quali in inglese) – sarà presentato nuovamente nelle librerie italiane con la casa editrice Paoline. Il Testo, pur mantenendo il contenuto delle precedenti edizioni, assumerà una veste editoriale totalmente nuova e si arricchirà di nuova ed abbondante riflessione.

 

Ecco una bella recensione apparsa sul mensile “L’ Eco di San Gabriele” e che riportiamo in formato PDF:

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Per mostrare questa totale novità Santina ha scelto per il

 

libro un nuovo titolo: LA SPERANZA NON DELUDE.

 

Il Cardinale Giuseppe Zen di Hong Kong ha voluto firmare

la prefazione che in anteprima proponiamo alla vostra

riflessione in questa pagina:

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Carissimo Mons. Luigi Ginami,

 

            come ho promesso pochi giorni orsono ti mando questa letterina a modo di prefazione al tuo libro  La speranza non delude.

            Ti sono riconoscente per avermi fatto parte della tua esperienza di sofferenza insieme alla tua santa mamma, la nostra cara Santina.

 

            Noi due siamo anime gemelle, perché anche a me il Signore ha fatto un gesto di predilezione mettendomi vicino alla sofferenza di mio padre.

 

            Era un uomo espansivo e di compagnia, ma anche di una straordinaria pietà. Mi portava a Messa ogni giorno, finché cadde paralizzato su un seggiolone per parecchi anni. Erano anni di guerra e mancava di tutto. La nostra famiglia era di sette persone. Vivevamo in una soffitta, aspettando ogni giorno letteralmente dalla Divina Provvidenza il boccone per sfamarci. Sono sicuro che devo alle preghiere di mio padre, santificate dalla sofferenza, la mia perseveranza nella vocazione.

 

            Vedo che siamo tutti e due innamorati del piccolo libro la Lettera Apostolica  Salvificis Doloris  di Giovanni Paolo II.

            In occasione della recente calamità del terremoto in Cina ho meditato sovente ed invitato altri a meditare il detto di San Paolo che ci dice di completare nel nostro corpo ciò che manca alla passione di Cristo.

            Sono vicino a te e alla mamma nei vostri pellegrinaggi e nei vostri rosari. Il rosario lo dico normalmente di sera, ma l’unione dei nostri spiriti non ha paura delle distanze di spazio e di tempo.

            Sono contento che le mie meditazioni per la Via Crucis al Colosseo ti abbiano dato delle ispirazioni. Così spero di trovare ispirazione dalla lettura del tuo libro che ho appena iniziato.

            Sai che Papa Paolo aveva scritto una Lettera sulla gioia. Con grande mia sorpresa ho notato che le citazioni scritturistiche ivi raccolte sono quasi le stesse di quelle usate nella Lettera  Salvificis doloris. Ma non avrei dovuto sentirmi sorpreso, perché è proprio la sofferenza la sorgente della vera gioia cristiana.

            E’ bello avere una preghiera sofferente che ci sostiene nel nostro lavoro, il tuo e il mio, lavoro importante, nonostante la nostra umile personalità, perché è al centro della Chiesa, nel cuore della Chiesa.

            Non ti dico “Coraggio!” perché vedo che non te ne manca. Ti auguro di gustare sempre più, insieme con la mamma, la dolcezza della vicinanza del Crocifisso.

            Auguro a tutti i lettori del tuo libro di sperimentare anche loro “la speranza che non delude”.

            Ti saluto caramente, con un abbraccio alla nostra cara Santina.

Tuo in Corde Jesu,

Card. Giuseppe Zen di Hong Kong

 

Hong Kong, 13 Giugno 2008

 

 

 


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