Rappresentazione Quattro scintille di luce
V. RISPOSTE DEI LAICI
Risposta n.14 donna
Carissimo Don Gigi,
comprendo benissimo il motivo della tua preoccupazione! Le suore sono state sicuramente molto schiette e non hanno badato a ferire il tuo stato d’animo ma dal loro punto di vista hanno tenuto a salvaguardare il tuo essere “sacerdote” e nient’altro! Penso che tu non stia facendo tutto questo per una “soddisfazione” personale o per dimostrare ancora un volta quanto tu sia “grande”! Ci sono motivazioni molto grandi dietro tutto questo principalmente la beneficenza che ne deriva e che va sicuramente a favore di chi ne ha bisogno (vedi le borse di studio in cardiochirurgia, i macchinari per la clinica di riabilitazione ecc.) C’è anche la parte “folcloristica” (rappresentazione di Assisi) che magari può risultare per le suore di clausura un po’ troppo! Ma va bene, se non c’è dietro, ripeto, un secondo fine…..Personalmente penso che stai facendo cose belle e non dovresti preoccuparti se solo un monastero di clausura si è espresso in questi termini, dovresti solo capire se tua madre apprezza e approva tutto questo oppure no! E’ lei che in tutti questi anni ti ha sempre guidato e suggerito cosa sia bene o meno per raggiungere la tua pienezza sacerdotale! Ora, come tu mi insegni, lei è capace anche solo con uno sguardo di darti molte più risposte di prima! Se sai di essere nel giusto, non devi curarti di quello che ti hanno scritto e devi continuare per la tua strada! Magari, non inviare più i quaderni alle suore!!!!!!!! Con amicizia
Risposta n. 15 uomo
Gigi carissimo,
ho letto la lettera, anzi lo stampata per poterla leggere e rileggere con attenzione e maggiore calma, soffermandomi su alcuni passi che, non ti nascondo, non riesco proprio a comprendere.
Una prima risposta mi viene dalla rilettura delle ultime righe del tuo libro:
“Il regalo più bello che mi ha fatto Santina in questi anni trascorsi resta quello di aver riscoperto e approfondito un più forte e robusto rapporto con Dio e di aver intuito per l’ennesima volta la meraviglia di aver scelto lui e solo lui nella strada del sacerdozio.”
Cavolo!!! Per non usare una espressione più volgare. la risposta da dare a queste monachelle, a mio avviso, è là in quelle righe.
Il fatto, poi,di portare Santina a Venezia o a Pisa, o dove più ti/vi aggrada (magari fissandone le tappe in un quaderno) è da leggere ed interpretare in duplice modo:
– per i lettori più frettolosi (come forse le monachelle in questione), può apparire come cronaca di un viaggio qualunque (… quanto è bella la RAV4, e cosa dire della crociera, dello champagne, ecc.);
– per chi, invece, riesce a cogliere il vero senso di queste “uscite”, c’è sempre una occasione di preghiera,di riflessione interiore e di arricchimento spirituale che dà motivo e ragion d’essere al viaggio stesso (… Via Crucis a Lourdes, Jasna Gora, ecc.).
In queste cronache, è vero, emerge continuamente un profondo affetto di un figlio per la Madre e viceversa. E allora? Ma scherziamo davvero? Un prete, come è il tuo caso, trae forza da questo rapporto … e mi ritornano prepotentemente in testa la parole che ho citato sopra:
“Il regalo più bello che mi ha fatto Santina in questi anni trascorsi resta quello di aver riscoperto e approfondito un più forte e robusto rapporto con Dio e di aver intuito per l’ennesima volta la meraviglia di aver scelto lui e solo lui nella strada del sacerdozio.”
Ma con quale spirito e sentimento è possibile scrivere di un “monsignore di Curia Romana”, “sia pure figlio di una tale Mammina d’oro…”, con l’invito ad affaccendarsi in primis nel sacro Ministero sacerdotale?
Ma queste monachelle ti conoscono di persona o solo attraverso i tuoi scritti?
Credimi, mi risulta veramente difficile comprendere la loro lettera.
Alla fine, secondo me, dovresti porti una domanda; una domanda alla tua coscienza: ma quello che faccio per e con Santina è giusto? Ma certo!!! Quello che conta è poter mettere a frutto e donare, come prete, agli altri quel “rapporto con Dio” e quella “meraviglia di aver scelto lui e solo lui nella strada del sacerdozio“. E’ questo, secondo me, il sacro Ministero sacerdotale. E tu lo hai “riscoperto e approfondito più forte e robusto” proprio grazie a Santina e alla sua sofferenza.
Il resto non conta sono chiacchiere in libertà.
Ad ogni buon conto mi piacerebbe continuare questa conversazione a voce, magari nel corso di una serata che potremo presto trascorrere insieme.
Un abbraccio con tanto affetto e profonda stima. Continua così!!!
Risposta n. 16 donna
Caro don gigi,
leggo solo ora la tua mail, quello che mi sento di dirti è …ascolta il tuo cuore!
Parlane con Lei e poi ascoltati….mi sembra di capire che loro suppongano che Santina non esiga tutto questo da te, ma non né hanno mai parlato con lei….e di certo non possono giudicare fino a che limiti possa arrivare l’affetto e se gioverà o no al tuo cammino spirituale.
Ci sono diversi modi per esprimere le emozioni e il vero spirito che sta in ognuno di noi, chi lo fa in silenzio e chi lo grida al mondo intero e tutti due per me sono validi in modo equivalente.
Ti dico solo di non strafare se Santina non se la sente di affrontare dei viaggi impegnativi….e lei che conta e nessun altro.
Per quanto riguarda il “Monsignore di Curia Romana” penso che tu stia portando avanti il servizio sacerdotale con tutto l’impegno ed affrontando le difficoltà che ti si pongono ogni giorno, sei in un ambiente che di certo non ti consente di vivere il tuo servizio in “pura perdita” …e quindi non facciamo le ipocrite … o abbandoni tutto come hanno scelto loro, o vai avanti facendoti parte di quel mondo…..sei comunque fuori dagli schemi e questo a qualcuno può dare fastidio….se poi questo tuo “accanimento affettivo” è un ancora, è un isola dove trovi determinati valori umani e spirituali accanisciti pure.
Se tutto quello che fai può dare sollievo e speranza ad una sola persona, allora vale la pena che sia fatto.
Non perdere mai di vista quello che Santina vuole, non ascoltare nessun altro se non il tuo cuore…dio…spirito…chiamalo come vuoi tanto è sempre la stessa cosa.
Un grosso abbraccio.
Risposta n. 17 donna
carissimo don Gigi, ti ringrazio della fiducia che riponi in me, anche se io non sono certo un pozzo di saggezza. Ho riflettuto su quanto mio chiedi, sulla lettera che ti hanno inviato le suore e ne ho approfittato per ascoltare su youtube alcuni brani tuoi da Gerusalemme. Vorrei prma di darti un’opinione, chiederti da quanto queste suore seguono te e la tua mamma e a quale richiesta tua abbiano risposto con questa lettera.Prima di ogni cosa, vorrei però chiederti qual è il motivo che ti spinge a fare tutto quello che stai facendo ( libro, presentazioni, spettacoli,ecc.), Me lo chiedo, perchè questa lettera delle suore, scritta dopo aver pregato insieme lo Spirito Santo, merita forse qualche attenzione….Aspetto tue notizie. Se pensi che io sia troppo ” impicciona” non hai altro che dirmelo con affetto
Risposta 18 donna
Caro don Gigi, la mia non era una risposta alla tua domanda, ma una domanda per eventualmente poter rispondere. Non so ancora se queste suore,vi conoscano da molti anni( non me lo hai detto): te l’ho chiesto perchè forse, volendoti bene, ti vedano troppo affannato nell’organizzare tutto questo e ti stiano semplicemente dicendo: rilassati, il Signore dà il pane ai suoi amici anche nel sonno….quello che fai va bene, ma frena un po’….questo è quello che vedo in questa lettera, niente di più. Che il consiglio delle Suore sia giusto o sbagliato, sta solo a te dirlo, ma non prendertela, mi sembra sia comunque dato con amore. Le motivazioni che mi hai dato per ciò che fai, era esattamente ciò che pensavo, ma è bello sentirselo dire. Devo anche aggiungere che ciò che da molta carica è soprattutto come tu leggi con gli occhi della fede e interpreti ciò che vi succede….penso che abbiamo bisogno proprio di questo, di riuscire a vedere Dio, la sua bontà e la sua provvidenza nelle nostre giornate e tu sicuramente in questo ci aiuti molto. Grazie, buon lavoro e a presto
Risposta 19 donna
Caro Gigi,
non ho avuto una conoscenza molto approfondita con la tua mamma , ma dai miei ricordi di ragazza (delle vacanze trascorse insieme) e da ciò che ho visto e letto dai tuoi ultimi scritti., ho chiara la coscienza che tua madre è una donna molto forte, che ha sempre affrontato i problemi e le scelte anche difficili che la vita le ha messo di fronte in prima persona e a testa alta fin da quando si è trovata giovanissima sola, con due bimbi piccoli e non poche difficoltà economiche ( a riprova che, come dice la Bibbia, che il Signore prova le persone che ama con il fuoco).
Forse le suore non conoscono questo aspetto e lasciandosi ingannare dall’aspetto mite e dagli occhi buoni che caratterizzano la tua mamma ormai “vecchietta” pensano che sia il caso di lasciarla vivere la sua vecchiaia “in pace”.
Forse invece per lei uscire e viaggiare è anche un modo per stare di più con te e ha molto piacere di farlo.
Tu solo, con la tua sensibilità, puoi capire se queste che agli occhi dei profani possono sembrare “strapazzate” fanno piacere a mamma Santina e la aiutano a dare un significato più pieno al suo vivere ormai molto tribolato. Se ritieni che sia così continua pure e non ti curare del giudizio degli altri ( che è spesso gratuito e talvolta dettato da ignoranza, nel senso che non sanno) , se invece, ti accorgi che per lei è troppo faticoso, allora potresti un po’ allentare un ritmo che mi sembra intensificato in questi ultimi tempi.A proposito del giudizio degli altri ti voglio ricordare una frase che dice sempre la mia mamma che, come sai ha avuto ben otto figli :” quando ero giovane tutti mi criticavano perchè facevo tanti figli, ora che sono vecchia tutti mi invidiano perchè ho tanti figli”.Spero di averti manifestato in modo chiaro il mio pensiero.Un abbraccioGioia
Risposta n.20 donna
Carissimo don Lugi, leggo solo ora la tua lettera perchè sono stata in ospedale con mia nipote, figlia di mia sorella, una giovane donna che, in procinto di partorire, ha dovuto lottare invece con la morte per una improvvisa gestosi gravidica che uccideva lei ed il suo bambino. Ora, per grazia di Dio, sono uscitio vivi, seppur malconci e provati ma la provvidenza continuerà ad aiutarli. Quanto al tuo scritto, non mi ha sconcertato che da un monastero, e per fortuna uno solo, sia venuto un tal “commento”.
La clausura, ed il suo silenzio, a volte non rendono piu atti a recepire palpiti, emozioni, sentimenti, soprattutto se sono espressi con quell’intenso calore che emana il tuo AMORE filiale. Non ti crucciare affatto e continua a dire alle creature che potranno conoscerti che Santina – che mi ritrovo spesso a pensare – non sembra per niente disturbata da alcun accanimento, anzi, prega per noi con te in via TELEMATICA, visto che incontrarti non può.
Posso comprendere il tuo travaglio interiore, ma mettici anche che NOI DONNEsiamo creature un bel pò misteriose e, purtroppo, anche talvolta invidiose (perdonami la maldicenza, ma conosco il pianeta donna). So che pregherai per queste sorelle e son certa che anche loro avranno occasioni per riflettere che la sofferenza el ‘amore che la lenisce vanno “narrati” in un mondo così inaridito. Credimi e stai bene
Un abbraccio
VI. LA RISPOSTA DELLO PSICOLOGO
Risposta n. 21
Carissimo don Gigi,
la lettera che mi hai inviato mi ha colpito soprattutto per il sarcasmo con cui viene trattata tutta la materia. Sarcasmo che trovo pessimo e di cattivo gusto soprattutto quando è rivolto anche verso una donna che sta soffrendo. Penso che qualsiasi cosa queste suore pensavano di comunicarti, avrebbero potuto e “dovuto” farlo in altro modo.
Vedo che la lettera proviene da Bergamo e ciò mi fa pensare al detto “nemo propheta in patria”: non conosco il tuo rapporto con le suddette suore,ma ho la sensazione che il modo con cui stai affrontando la vicenda di tua madre è come se avesse mosso in questa suora (non penso che la lettera sia davvero frutto di tutta una comunità,altrimenti sarebbe ancora più grave…) qualcosa di personale che l’ha infastidita.
Quello che io penso del tuo libro e del rapporto che hai con mamma Santina, già lo conosci;forse il tuo comportamento può sembrare,in qualche ocasione “esagerato”, ma questa esperienza che stai condividendo con noi sta producendo qualcosa di buono e di positivo in molte persone.
Come vedi non condivido neppure l’affermazione contenuta nella lettera in cui viene suggerito “un silenzio d’amore, rispetto a qualsiasi manifestazione”: io la penso come don Gnocchi e cioè che la sofferenza va condivisa perchè ha un grande potere agli occhi di Dio.
Non mi meraviglio invece che simile sarcasmo possa provenire da “gente di Chiesa” e da “consacrati”: tocco ogni giorno con mano la falsità e l’ipocrisia che circolano in ambienti ecclesiali,mentre non cesso di meravigliarmi nello sperimentare la semplicità e la sincerità di tante persone che magari affermano di non “credere”.
Provo compassione per quel sacerdote che ha baciato sua madre solo nella cassa da morto: ogni giorno, in terapia,raccolgo rimpianti e nostalgie di figli/mogli e/o mariti che avrebbero voluto “dire” o “manifestare” con un gesto qualcosa ai loro cari e hanno aspettato così tanto a farlo da non riuscirci a causa della loror morte.
Trovo il rapporto che hai con tua madre molto “forte”, ma non ci colgo nulla di patologico e mi viene spontaneo dirti “gustati tua mamma finchè il Signore te lo concede senza scordare mai l’insegnamento di Santina: prima di tutto viene il Signore.
Grazie per la tua amicizia e la tua considerazione. Un cordiale abbraccio anche per te e ricordati di me e delle mie intenzioni anche nella preghiera.
VII. LA COMPOSIZIONE DI UNA SINTESI FINALE
La lettera delle suore di clausura è stata una occasione provvidenziale per una approfondita riflessione sulle motivazioni per le quali dal 2005 Santina Carolina e don gigi si sono avventurati in questa vicenda che ha i toni dell’incredibile.
Davanti a questa lettera mi sono interrogato cosa fare. Con pacatezza e calma ho letto attentamente la lettera delle monache e poi ho agito in questo modo.
– Prima di tutto ho fatto una telefonata chiarificatrice con la madre abbadessa. Ho chiesto scusa alla comunità per un eventuale cattivo esempio, definito dalla scrittrice della lettera cose che “ci disturbano un poco” ho chiesto a loro una preghiera per me e per mamma ed ho promesso di non infastidire più la quiete monastica con i miei libretti su Santina.
– In secondo luogo ho confrontato questa lettera con le altre risposte di altri dieci monasteri di clausura ed ho trovato una forte dissomiglianza da tutte le altre lettere. Ne pubblico qui una sola, a modo di esempio: “Il Signore ti dia pace”. Rev.mo e Carissimo Mons. Gigi, questa mattina anche la stampante non ne vuole sapere di funzionare. Come vedi i disagi non ci sono solo a Madrid e Barcellona. Una battuta tanto per incominciare. Non c’è paragone al disagio occorso a mamma Santina. Le macchine si possono benissimo riparare mentre le persone a volte sono compromesse seriamente. Dal libretto molto interessante La Puerta del Sol abbiamo appreso tutte le traversie occorse a Madrid, ma anche il lieto fine con la partecipazione al recital della “Bella e la Bestia” che ha ravvivato la gioia di una bella recita e ancor più musiche deliziose. I quaderni che ci mandi li mettiamo a disposizione di tutte, poi letti una suora le ha portati all’infermiera che viene in casa per prelievi ed altre prestazioni. Forse sarebbe meglio farne la collezione per la biblioteca. Ti promettiamo il nostro ricordo orante del tuo viaggio a Gerusalemme e per tutte le splendide iniziative che hai in corso. Un ricordo particolare per Mamma Santina, il Signore la benedica e la protegga, le doni ancora tanti anni di vita gioiosa accanto al suo Monsignor Gigi. Auguri di ogni bene nel signore. Cordialmente con stima e simpatia. La Madre e le Sorelle. E’ la più breve delle altre dieci e la più misurata, ma si respira un clima completamente diverso.
– Nel tentativo di ben organizzare la mia riflessione ho aperto un forum di discussione su tale lettera. Ed ho sottoposto tale scritto a molti amici ho ricevuto una ventina di risposte che ho successivamente catalogato in queste categorie: le risposte dei sacerdoti, di una suora di vita attiva, dei giornalisti, dei laici e di uno psicologo. Tali risposte, togliendo il nome e cognome per mantenere la giusta riservatezza le ho tutte pubblicate nel sito. Infine ho elaborato una risposta personale ed intima che non posso regalare al mondo di internet. Dunque, dopo questo lavoro e partendo da queste premesse, la telefonata chiarificatrice, la raccolta ed il catalogo di diverse reazioni alla lettera, una mia personale ed intima risposta.
– Mi manca ora un ultimo passo per giungere ad una completa e matura riflessione. Una risposta pubblica a tale provocazione. Dunque dopo una settimana – e percorrendo la stessa strada delle monache quella della riflessione e della preghiera – mi accingo a rispondere in internet affinché tali riflessioni possano essere condivise da tutti.
A mio giudizio il mondo della consacrazione totale nella vita religiosa, se non aperto ad un sapiente e franco confronto può produrre deficienze ed immaturità affettiva. Per la paura di non essere tutti del Signore si rinuncia a tutto ed agli affetti più sacri, ignorando che esiste un comandamento che dice Onora il Padre e la Madre e che noi consacrati troppo spesso dimentichiamo. Di fronte alla morte di un genitore o di un fratello e prima ancora davanti alla sua sofferenza facciamo lavorare gli altri, i nostri fratelli!!! Anche a me capita di vedere con che cura la mia carissima sorella accudisce Santina, un miliardo di volte meglio di me, ma cerco di correggermi e di accudire mia mamma assomigliando sempre di più a mia sorella ed a Olinda. Il Cardinale Martini descrive molto bene questo comandamento nell’introduzione al libro. Comandamento che questa comunità monastica sembra aver dimenticato in nome della follia della croce e che il Cardinale Zen non aveva disdegnato accudendo il proprio padre malato.
Ripercorrendo un po’ la storia della vita monastica si passò dalla vita eremitica a quella cenobitica con una duplice grave motivazione: la celebrazione comunitaria dell’Eucaristia e l’esercizio della Carità. Se non si celebra Eucaristia non si vive la Chiesa e se non si esercita la Carità non si è salvati (cf Inno all’amore di San Paolo). Vivere la Carità in clausura è un’autentica lotta, conosco bene la convivenza “beatamente forzata” con persone che non si sono scelte perché l’unico motivo che pone una scelta così radicale come il segregarsi per tutta la vita è solo una follia per Dio, la follia appunto della croce! Sicuramente la totalità di questa scelta deve ogni giorno chiedere un approfondimento esigente di tale follia, altrimenti vi è degenerazione… Si entra in clausura per essere tutti di Dio e poi si scoprono altre sorelle che non sono Dio, ma con le quali si deve convivere per essere tutte di Dio. L’umana fragilità e le miserie se non superate in un quadro affettivo di totale oblazione a Dio ed agli altri genera l’immaturità. In seguito alla attenta lettura di questa lettera mi chiedo che tipo di carità si eserciti in questo monastero se non si è capaci di leggere con misericordia gesti ch tentano spasmodicamente di essere carità fuori dal monastero.
Nella vita religiosa, non solo si delega ai fratelli e sorelle delle proprie famiglie le cure dei propri genitori, ma si fugge dal loro dolore e dalla loro morte. Quante volte ho visto sacerdoti fuggire davanti alla sofferenza. Nel caso di Santina, avevamo la casa piena di sacerdoti che venivano a pranzo o per bere il caffè, mangiare una mela, ora che mamma è disabile la casa è deserta, tutti scappati: una anziana così non è facile da incontrare, soprattutto se si fa un paragone con la dinamicità di prima. Quando Santina era inchiodata in un letto in terapia intensiva i pochi che venivano – dei tanti che la conoscevano e che sapevano della sua situazione – avevano occhi pieni di paura, troppo spesso guardavano l’orologio per uscire da lì, respiri ed esclamazione del tipo: siamo alla fine, non c’è più niente da fare! Alcune di quelle sfortunate persone sono morte… e Santina invece è viva.
Nella lettera ormai divenuta famosa colgo alcune sfumature di tristezza per quello che non si è potuto o voluto fare per i propri genitori: Temo che un qualsiasi nostro familiare si troverebbe disorientato, dinnanzi a questo “andare e fare”. Forse si troverebbe disorientato perché per i propri genitori non si è mai fatto non dico qualche cosa, ma nulla! Con la scusa di entrare da piccoli in comunità, mai un gesto di carità nei loro confronti: solo la follia della croce giustifica! Ma non esime gli altri da non fare questi gesti.
Non posso tacere il dolore e la sofferenza di mamma essa costituisce una grande catechesi sul dolore! Forse il mio parlare infastidisce e sapete chi? Tutti coloro che guardandosi profondamente dentro scoprono che nei confronti della sofferenza sono fuggiti, oppure non hanno mai avuto il coraggio o la possibilità di dare una carezza al volto pieno di rughe della propria mamma. Certo tali persone provocano in me un senso di profonda compassione che si apre alla tenerezza. Vedo in questo disturbo che ho creato aprirsi la porta del cuore della scrittrice e di questa comunità monastica e odo l’esclamazione sommessa ed ossessiva: ed io? Ed io? Ed io? Io non c’ero quando mia madre stava male! Io non c’ero neppure quando stava bene, io non c’ero neppure nel momento in cui è morta, nel momento in cui grondava sangue, vomitava, gridava dal dolore. Io non c’ero in quel momento, ed oggi non me lo perdono! Se guardo con attenzione alla mia vita vedo che è piena di vuoto!!! Non c’ero, non c’ero, non c’ero!!! Piena di vuoto! Ma il Signore che ho scelto come follia della croce dove è, mi ha abbandonato, è scappato! Si sorella è scappato perché il tuo vuoto che hai creato non permette a lui di restare nella tua vita: “Qualunque cosa avrete fatto ad un mio fratello più piccolo lo avrete fatto a me!” In tua madre, in tuo padre nei tuoi fratelli e nel loro dolore lui si rivela. Se tu fuggi da loro, fuggi anche da Lui! Ma cosa crede di fare quel prete? Alla fine anche sua madre, come la mia morirà! Tutti abbiamo avuto una madre e non abbiamo fatto questo! E poi se lo fa, lo faccia in silenzio perché disturbarci con questo suo morboso attaccamento alla madre. Ecco la parola che non abbiamo osato dire, al posto di accanimento affettivo, ci sarebbe piaciuto gridare a Lui che è morbosamente attaccato alla madre!! E tutto questo non giova proprio alla vita spirituale. Dobbiamo dirlo, glielo scriviamo, mettiamo per scritto tutto questo, creiamo in lui del disagio, così impara. Il suo disagio nasconderà così bene il nostro disagio. E così misuratamente e quasi cinicamente prende corpo questa lettera che mi è giunta.
Meno male che il Signore scrive diritto sulle righe storte! Questo pezzo di carta è girato tra decine di amici ed è nato questo luogo di discussione in cui alla fine gridiamo che questo accanimento affettivo, questo morboso attaccamento alla madre produce frutti incredibilmente belli e profumati. Produce il frutto di una nuova e prolungata preghiera con Lei, che prima non esisteva, produce il frutto di una catechesi forte e genuina sulla sofferenza vissuta cristianamente da Santina come Salficis doloris, produce infine opere concrete di carità verso i poveri, i malati, i disperati e si pone come segno di speranza forte e certa in un mondo disperato e in profonda crisi economica, quella profonda crisi economica che guarda caso colpisce proprio i più deboli e disagiati.
Si care sorelle concludo soddisfatto questa lettera dicendo che quando anche mia mamma morirà potrò gridare a me stesso che io c’ero: io c’ero quando soffriva torturata nella carne, io c’ero quando il medico apriva il suo cuore, io c’ero quando grondava sangue, io c’ero quando vomitava, io c’ero quando la piaga di decubito forava la carne profondamente, io c’ero per pregare tanto tanto tanto con lei nei numerosi pellegrinaggi ( e ci si è scordato di ricordare che i nostri viaggi sono stati tutti pellegrinaggi!!), io c’ero per ridere con Lei del suo meraviglioso sorriso, io c’ero per inghiottire con Lei un buon boccone in un ristorante, io c’ero per vivere con lei la sua letizia di paradiso. E forse sarò così più capace di vivere meglio proprio la mia vita sacerdotale da Monsignore della Curia Romana, un Monsignore sporco di vomito e che non farà carriera, ma che cerca di interpretare la vita con la follia della croce… quella follia della croce che non mi insegnate voi, ma che mi insegna invece ogni giorno Santina! Quando Lei non ci sarà più della sua Via Crucis rimarrà la Sua Via Lucis con cui vedere il buio nelle vita!!! Sorriderò contento nell’attesa di vivere in quella Luce eterna che illumina il vostro scritto di tenerezza. E forse morirò io prima di Lei, ed allora Care sorelle, leggete questo come mio testamento e fatene tesoro.
Care sorelle, se nel cuore avete qualche rimpianto non vi preoccupate ho un rimedio. Sapete che recentemente è uscito un libro dal titolo LA SPERANZA NON DELUDE? In quel libro vi è nascosto il segreto della mia felicità e la ferrea e granitica decisione a continuare con ancor maggior forza sulla mia strada dopo al vostra meravigliosa lettera. Vi do un consiglio, perché non lo comperate? Costa solo Euro 17,50. Non dovete leggerlo, perché già sapete come vi dovete comportare, e la sua lettura vi causerebbe non un poco di disturbo, ma un grande disturbo! Compratelo per favore, sapete perché? farete del bene agli altri perché quei 17,50 euro saranno destinati alla beneficenza! Per cosa? Un biglietto aereo da Milano a Cochabamba per una giovane e povera mamma che attende di riabbracciare i suoi cinque figli, coraggio fate quel gesto e si accenderà nel cuore un fulmine! Il Signore vi benedica e vi conceda l’autentica pace monastica
Un cordiale saluto ed è proprio l’ultimo dal Vostro Monsignore della Curia Romana
PS I 500 euro che erano destinati al vostro monastero come aiuto dalla Carità della beneficenza di Santina li ho usati invece per comperare parte dei quel biglietto per Cochabamba, perché sono sicuro che il libro non lo comprerete, vista la crisi economica. Peccato vi perdete il mio segreto e continuerete a scrivere altre lettere simili
FORUM SULLA PROIEZIONE DEL DVD
Carissimo Don Giuseppe e don Gianluca,
forse è un po’ di tempo che non ci sentiamo. In questi mesi sono successe cose belle e cose tristi, come la morte della cara Mamma di Don Giuseppe, oppure la morte di Don Aldo e Don Arrigo, la sofferenza del Vescovo Roberto. In mezzo a questo panorama di morte e di dolore, voglio raccontarvi un segno di speranza, quella speranza che non delude. Di che si tratta? Si tratta ancora e ostinatamente di Santina e della sua avventura di dolore e speranza. Ma piantala don gigi!!! Ci hai stufato, vi verrà da dire e forse avete anche ragione. Ma dentro di me non riesco a tacere e a non comunicare la preziosa esperienza che vivo con mia madre totalmente disabile e totalmente avvolta dalla luce di Dio. Mi sembra di stare sul Tabor quando guardo il suo sorriso che accende la gioia nel cuore. Quale è il motivo della mail? E’ prima di tutto un atto di cortesia e poi una comunicazione. Il Libro LA SPERANZA NON DELUDE è diventato DVD, quel DVD che vi ho fatto avere forse due mesi fa. Bene, per il periodo di Natale QUATTRO SCINTILLE DI LUCE sarà venduto da Paoline Multimedia insieme con la seconda edizione del libro. La bravura di Carlo Tedeschi e della compagnia teatrale che ad Assisi presenta Chiara di Dio assicura al DVD di un’ora il suo successo. Sono stato al Lago di Montecolombo a presentarlo in anteprima: vi erano 700 giovani di tante compagnie teatrali, peccato che non c’eri tu don Gianluca. Ma Mahiri mi ha detto che la tua gamba ti da ancora seri problemi di deambulazione. Bene comunque l’evento di due ore è stato un bel successo e sono proprio contento e soddisfatto di quanto raggiunto. Ora voglio farvi una proposta. Che ne dite di proiettarlo una sera all’Oratorio del Seminarino, magari un sabato sera o una domenica pomeriggio? Sarebbe bello che si potesse proiettare un DVD della Santina proprio nella sua amata parrocchia di Città Alta. Io potrei invitare anche tanti altri amici, dottori, professionisti, ecc… ma anche se fossimo 12 va bene lo stesso. Si avvicina l’Avvento, potrebbe essere una buona preparazione per il Natale… pensateci, sarebbe bello
Un cordiale abbraccio don gigi
SECONDO FORUM SULLA ESPOSIZIONE MEDIATICA E LE INIZIATIVE NATE ATTORNO ALLA VICENDA DI SANTINA
“Dapprima impariamo, poi insegniamo, poi ci ritiriamo e impariamo a tacere. E nella quarta fase, l’uomo impara a mendicare” (Proverbio indiano)
Apro questo nuovo argomento di verifica e critica con questo proverbio indiano che il Cardinale Martini applica a se. Ma penso che questo proverbio in forma diversa io lo possa applicare all’esperienza di Santina in questi anni dopo la prova del 2005. Tutto il viaggio si è concluso con la data di sabato 10 Aprile, il giorno in cui mia madre nel 2006 era uscita dall’ospedale. Era il lunedì santo e ci apprestavamo a celebrare la Pasqua dopo nove lunghi mesi di gestazione in ospedale; una lunga gestazione che ha prodotto una esistenza totalmente trasformata, una esistenza secondo i canoni del Paradiso, come molte volte mi sono sforzato di dire. Dopo i lunghi e dolorosi mesi passati in Terapia Intensiva e in Ospedale navigando in un mare di disperazione, l’Esistenza di Santina giunse al porto di una nuova esistenza di speranza. Se il sorriso e la pace sono le caratteristiche che immediatamente colpiscono di questa anziana Signora, vi sono caratteristiche nascoste che il proverbio indiano ci mostra nell’esistenza di Santina. Rileggiamolo con calma: “Dapprima impariamo, poi insegniamo, poi ci ritiriamo e impariamo a tacere. E nella quarta fase, l’uomo impara a mendicare”. E’ il percorso della vita umana. Bambino, adulto, anziano e anziano malato sono le tappe della vita nelle quali assumiamo diversi atteggiamenti, il fanciullo quello dell’imparare, l’adulto quello di insegnare, l’anziano quello del ritiro e del silenzio, e nell’ultima fase l’anziano malato è costretto a mendicare.
In questo saggio proverbio l’efficienza ci insegna a vedere come la parte migliore dell’esistenza quella nella quale si insegna. La categoria dell’insegnante e dell’insegnamento racchiudono in se quella della forza intellettuale con la quale aiutiamo gli altri a crescere. Questa concezione porta a centrare l’esistenza sull’età adulta ed a mettere in ombra le altre età importanti della vita, addirittura i minorenni hanno la soglia dei 18 anni per poter manifestare la loro forza civile, vediamo ad esempio la possibilità di voto nella società. L’età adulta porta con se il mito dell’efficienza, della produttività, della capacità di pensare e progettare un presente ed un futuro: l’anziano ed il bambino non sembrano avere queste possibilità. In questa direzione si muove la società ed il mondo civile laico, meno male che Dio non si muove così… e nel vangelo troviamo che “se non tornerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli”. E le pagine della Sacra Scrittura destinano all’anziano pagine di grande valore e rispetto, lo stesso comandamento del decalogo dice di “onorare il padre e la madre” nella loro vecchiaia. Dunque il Vangelo predilige vecchi e bambini che vengono invece messi in secondo ordine dal mondo. Dunque la Bibbia ama l’atteggiamento di colui che vuole imparare, di coloro che vivono nel nascondimento e sono costretti a mendicare, a dipendere. Bene, Santina in questi giorni ed in questi anni per me ha incarnato questi atteggiamenti biblici e me li ripropone con il suo esempio. Sono ormai quattro anni che viviamo con mia madre questa avventura di credere che in questa età della vita si può nascondere anche nella malattia, nella dipendenza e nella fragilità, l’incredibile forza di Dio, perché proprio quando sono debole è allora che sono forte, ci dice Paolo! In questo meraviglioso cammino tante persone ci sono vicine: libri, articoli, sito internet, canale you tube ed ora anche un gruppo di Face Book, televisione, radio, giornali, un musical: sistematicamente cerchiamo di riproporre questa vicenda di fragilità. Alcune volte mi scoraggio, perché mentre aumenta a dismisura il numero delle persone che conoscono la vicenda di mia madre, aumenta anche il numero di persone che vedono con sospetto tutto quanto facciamo. E’ così dall’inizio, e non si sono mai placate queste voci. Critiche sottili e buoniste del tipo: te lo dico per il tuo bene… quello che fai è ottimo, ma forse è troppo, va forse ripensato e regolato! Oppure un monastero di clausura delle monache benedettine: con la crisi attuale tutti questi viaggi sono fuori posto. Ed ancora un sacerdote di Bergamo “ Non vorrai vendermi 5 libri per farti pubblicità?” Anche i tuoi parenti lasciano perdere e vedono il venire a trovare mamma come un peso… piano, piano amici e parenti o assumono atteggiamento di critica o semplicemente si stancano. E la stanchezza e la critica si fa sottile e ancora più perversa per le belle cose che realizziamo, dall’aiuto in solidarietà che ha raggiunto una bella cifra in Euro, alla preghiere di ogni giorno con Skype, ai viaggi ed alla vita quotidiana resa da Carolina confortevole ed impeccabile con l’aiuto di Olinda. Il nostro sorriso disturba, la proposta crea disagio e risentimento talvolta. E allora nasce in me la domanda prepotente: mi devo fermare? Devo abbandonare la strada della solidarietà, della preghiera, del pellegrinaggio? Debbo pian piano pensare alla strada del ricovero per la cara Santina? Devo fermare tutto, devo tacere, non devo più disturbare nessuno? Così non avremmo più questi fastidi? Se metto per scritto nomi e critiche è per mostrare a tutti che le critiche le vedo, le studio, le considero in ogni dettaglio forse anche in modo ossessivo: nessuna critica mi deve sfuggire, nessun parere contrario al mio comportamento devo nascondere o addolcire, ma lo devo invece studiare al microscopio scoprire in esso se vi sono semi di verità, devo inacidire la critica fino al punto che mi faccia sanguinare dentro. Facendo così mi metto con le spalle al muro e mi denuncio fino in fondo. Metto insieme tutte le critiche, le ordino per importanza e per categoria dai parenti, agli amici, ai sacerdoti e religiosi. Guardo con la lente di ingrandimento tutto e poi giungo ad un capolinea: cosa fare dopo aver fatto tutto questo? Devo rimettere ordine nel cervello e soprattutto nel cuore. Ma da dove parto? Il punto di partenza e di arrivo l’ho davanti è Santina e la sua vita ritirata, silenziosa e di mendicante. Quella è la roccia da cui partire quello il codice con cui interpretare quanto mi viene detto. Guardo anche con molta cura dove vivo. Un ambiente molto difficile in cui vivere da cristiano senza farsi prendere la testa dall’ubriacatura del potere! Mi sembra di aver messo sul tavolo tutto: la grande avventura di Santina e delle sue innumerevoli positività, le critiche che ho volutamente inasprito, la bussola che si chiama Santina, e il territorio in cui sono chiamato a muovermi. Recupero serenità sul mio atteggiamento pensando alla settimana santa vissuta con Santina e ponendo davanti a me la vicenda della croce e del suo scandalo. La proposta di Gesù in croce ha sempre scandalizzato il mondo, come posso pensare che la vicenda di croce di Santina non scandalizzi parenti ed amici. Ma il loro scandalo è la prova che vi è una croce vera che forse spaventa ed il sorriso con cui Santina brandisce la sua croce forse se da un lato crea in moltissimi venerazione e amore, in altri crea terrore, e allora si dice, la Santina non capisce, non è più quella di prima, ha perso il cervello… Tutto così torna al suo posto e copriamo la nostra paura e la rimandiamo ad un altro momento e così si torna a vivere in modo apparentemente quieto. Bene con molta lucidità io e Carolina dopo tutte queste lunghe riflessioni decidiamo non solo di continuare, ma che dobbiamo fare assolutamente di più che dobbiamo fregarcene di tutte le critiche e di prendere forza da proprio queste critiche. Dobbiamo mettere alle strette le persone che ci criticano, dobbiamo giungere alla esasperazione della critica, nella convinzione che essa può trasformarsi in un carburante ben più potente del plauso. La nostra testardaggine nel vivere con forza questa avventura non si ferma certo davanti a coloro che criticano, gli occhi di Carolina hanno visto gli occhi di morte di mia madre durante l’arresto cardiaco e i miei occhi hanno visto il suo cuore lacerato: figuriamoci se le critiche di quattro persone ci intimidiscono! Noi ci sentiamo sicuri dietro il sorriso buono di mamma, dietro il suo silenzio, dietro il suo mendicare vita, questa è la strada che il Signore ci ha indicato per il Paradiso ed io e mia sorella vogliamo con Santina percorrerla tutta senza paure o ripensamenti ma con grande slancio e serenità. Ed abbiamo anche la presunzione di pensare che Dio stesso ci protegga, perché non cerchiamo niente di quello che il mondo propone successo, potere, carriera e denaro. La nostra forza è che proponiamo una Debolezza e che non abbiamo nulla da perdere, la nostra forza è che promuoviamo con gesti di carità una catechesi sul dolore. La nostra forza è quella di proporre – soprattutto a coloro che criticano – di camminare con noi, noi siamo pronti all’abbraccio, e voi?
Ecco le risposte che ha generato questo terzo argomento di riflessione:
1. Sono d’accordo con te e Carolina! Traete forza dalle avversità, fregatevene di quello che dicono gli altri e avvantaggiatevi delle critiche. Come ti ho sempre detto, se solo una parte di quello che fai può fare del bene a qualcuno, a livello materiale ma sicuramente anche a livello spirituale, va bene che sia fatto, anche esagerando, sicuramente qualcosa resta. Vi abbraccio, un caro saluto. A.
2. Carissimi Luigi e Carolina, ho letto con molta attenzione ed amore quanto don Luigi ha scritto in questa mail. Bisogna che continui a dire le stesse cose, forse, appena distillerai il tutto, con meno parole, giacchè molte righe potrebbero essere presentate con pochi cenni che già la scienza PSICOLOGICA HA DIMOSTRATO E CHE IL SANTO VANGELO PROPONE a noi che vogilamo seguire il Cristo, qualunque sia la scelta di vita e di operatività che la vita ci ha presentato. Il fatto che troppi non riescano a capire che “è proprio dei bambini il Regno dei cieli” e che per ” bambini” intendiamo quanto intende Gesù: i piccoli, i semplici, gli emarginati ( per vari motivi), e tutti coloro che, in certi periodi della loro vita, per molti motivi, sono ridotti ad essere “NESSUNO” e NIENTE:”. Andate avanti, con tanta umiltà, sicuri che sia voi che Santina state vivendo un magnifico momento del mistero della vita storica di Cristo. Questa è la solidarietà più grande che potete effettuare. Io ti consiglierei, d. Luigi, di non sottolineare troppo il peso del denaro che viene dal vostro amore concreto per Santina. Che nessuno abbia la sensazione che la stupenda mamma, alla quale noi vogiamo tanto bene, venga, in qualche modo, anche piccolo o banale, strumentalizzata nel suo essere sulla croce con Cristo. Questo “essere crocifissa con Cristo” è quanto fa grande tua madre. E’ questo che è meraviglioso e che ci attira, come quando Gesù ci assicurava: ” Quando avrete inalzato il Figlio dell’yuomo, allora vi attirerò tutti a me”. Va’, andate avanti, lasciandovi prendere totalmente da Cristo, che è l’unico peso con cui misurare l’efficacia della grazia che lo Spirito ti sta concedendo. Hia chiesto il mio pensiero, e io te l’ho dato come avrei fatto con un fratello di sangue. Dà un bacio a Santina, ma senza farle male; saluta Carolina e la sua famiglia; salutamo Olinda anche se non conosco personalmente, e dà un forte abbraccio a zio Luigi. Ed ora, camminiamo e cantiamo, perchè la strada è ancora lunga. Un forte abbraccio a te e tanto affetto, MX
3. Caro don Gigi,Ti ringrazio per la lettera e per la fiducia che mi accordi. Preferirei risponderti a voce e dopo aver fatto una novena alla Spirito Santo,perché è un argomento che ritengo molto delicato e che spesso mi torna alla mente. C’è qualcosa che non mi convince in questa tua vicenda con la tua mamma e non è certo nè la sua malattia, nè la sofferenza, nè il suo bel sorriso che ho spesso la fortuna di ricevere. Forse questo sorriso è fin troppo citato, mentre si parla molto meno dell’altra espressione che spesso le leggo…quella assorta, sofferente…..Non so. Se ti va, se ti inneressa davvero la mia opinione, possiamo prenderci un appuntamento telefonico, o, se passi da bergamo, “visivo”, fra una decina di giorni. Se non ti va bene,io faccio la novena ugualmente e poi provo a scriverti….anche se rimarrebbe comunque un monologo.Un abbraccio e a presto
G.
4. Anche noi carissimo gigi siamo stati e ci siamo sulla stessa strada. Non aver paura le critiche se non sono oggi saranno domani se non c’e mamma ci sarà un’altra cosa a criticare e farti soffrire. non basta parlare dalla sofferenza di mamma, ma anche tu devi soffrire quindi se lo senti significa sei sulla buona strada . coraggio pensa solo al bene che si fa. il resto e frutto della coda del diavolo. non aver paura. R.
5. Don Luigi, devi continuare per la tua strada. Nel tuo sfogo ritrovo quella persona che io, lacerato da mille dubbi, ritrovo, una persona che fu rivoluzionaria; che fu ribelle, coraggioso, controcorrente; che sfidò i sacerdoti del tempio, rovesciando le loro convinzioni e le loro convenzioni, che detestò il potere, in tutte le sue forme: Gesù. Luigi ricorderai i nostri discorsi a casa di Rula: io credo nel Gesù uomo, ho tanta difficoltà a vederlo come Dio. Ma lo sento a me vicino: per le parole, per i gesti, per non aver mai accettato compromessi. Tu sei suo fratello. Non ti curare dei sacerdoti del tempio, vai avanti senza voltarti indietro, lo devi a Santina, lo devi alla tua fede e alla tua coscienza. Gesù ti avrebbe voluto al suo fianco: non gli altri, coloro che ti dicono di chiudere pagina, di non provare amore e sentimenti! Io ti sono vicino, e vi voglio bene, D.
6. Caro Don Gigi, Mi poni spesso questa domanda e io rispondo sempre allo stesso modo. Ciascuno a mio avviso deve fare quello che ritiene giusto, in particolare se lo fa con e per amore. Tu sei una forza della natura ed hai un’incredibile vitalità. Le attività che proponi a tua madre potrebbero anche apparire un po’ faticose e stressanti per una persona anziana, ma Santina non pare proprio essere stanca e anzi sembra apprezzare molto e quindi …..va benissimo così. Nessuno ha la verità in tasca e ha il diritto di dire ciò che è bene e ciò che è male per voi due. Un abbraccio, B.
7 Carissimo Mons. Luigi. ho letto con attenzione, e anche con sofferenza, le “riflessioni personali e riservate” che hai voluto condividere con me. Dico “con sofferenza” perchè vedo che tu soffri non poco sia per qualche critica al tuo modo di pubblicare la vicenda veramente singolare ed edificante della tua cara mamma, sia per il dubbio, che in te ne deriva, di come procedere. Tu chiedi un mio parere. Come già ti scrissi in una precedente consultazione, non mi è facile formulare un giudizio e, quindi, dare un parere, perchè non conosco bene gli estremi del caso. Purtroppo, preso da tanto lavoro, non riesco a seguire tutto quello che tu scrivi o pubblichi sulla cara mamma Santina, e, quindi, non so che cosa possa aver motivato le critiche che tu citi e che ti causano sofferenza e perplessità. Il mio parere o consiglio sarà quindi un poco generico e forse non ben fondato “in re”. Eccolo, comunque. 1. Ti sconsiglierei dal fare nomi. Puoi – se lo credi opportuno – citare le critiche, ma non fare i nomi di coloro che te le hanno fatte. Non mi sembra bello, e neppure lecito, mettere in pubblico una corrispondenza che suppongo è stata tenuta nel contesto di una relazione di fiducia, tra amici o parenti. 2. Prendi sul serio e con rispetto le critiche che ti vengono mosse da amici e parenti, ma non preoccupartene troppo se tu non ti senti di accoglierle. Liberi (e bravi) loro nel farti le critiche; libero (e bravo) tu di prendere le decisioni che credi bene nel Signore. Loro agiscono – penso – convinti di aiutarti e per il tuo bene, con amore. Tu ascolta con umiltà e agisci con libertà. Ma “omnia in caritate fiant”. 3. Non sentirti obbligato a fare apologie per le tue scelte. Se, dopo esserti consigliato con persone di tua fiducia e capaci di aiutarti nel discernimento, credi bene proseguire per questa strada (di condividere con un vasto pubblico la vicenda davvero straordinaria che tu vivi con la tua cara mamma) prosegui sereno e tranquillo. 4. Come mi sembra averti suggerito in una precedente simile circostanza, ti consiglio di limitare la diffusione della informazione su questa vicenda, che ti coinvolge così intensamente, alle persone che vi sono interessate (e penso siano tante). Come il parere di alcuni amici ti ha fatto capire, forse non tutti sono ugualmente sensibili alla vicenda e ugualmente desiderosi di esserne costantemente informati. Il bel libro che hai scritto sull’intera vicenda è una bellissima testimonianza accessibile a tutti coloro che lo desiderano! Tanto più che è stato tradotto in varie lingue e riedito in varie edizioni! Ecco, carissimo Don Gigi, il mio povero parere. Che ti sottopongo con tanta amicizia e tanta stima. Augurandoti di continuare, nella pace e nella gioia che solo Gesù ci può dare, il tuo bel servizio di amore figliale alla tua amatissima mamma e la bella testimonianza di quanto Dio opera nella vostra vita. Tuo sempre aff.mo FS
8. Carissimo, eccomi a te. Ma che bella quella frase! E’ stato il primo pensiero, leggendo il proverbio indiano. Poi, andando avanti nella lettura, quanta amarezza ho letto. L’uomo stupido non sa che non si mendica solo nelle due fasi estreme della vita e allora, si erge a giudice delle sofferenze e delle debolezze altrui quasi biasimandole denigrandole. Ma, Tu ed io sappiamo che la malattia, quasi come una ” livella”, per fortuna o per sfortuna, non conosce etá, ceto sociale,bandiera, povertá o ricchezza. E allora ti dico, riprendendo un passo del De constantia sapientis, l’ imperturbabilitá del saggio, di Seneca, che cerco prepotentemente di fare mio richiamandolo alla mente nei momenti di difficoltá: ” … non c’é nulla di tanto sacro in natura che non trovi un sacrilego. Ma le cose divine non sono meno eccelse per il fatto che esistono quelli che desiderano colpire, pur senza riuscire a toccarla, una grandezza posta molto piú in alto di loro. Invulnerabile é non ció che non é colpito ma ció che non resta ferito. C’é da dubitare di quelle forze che non sono mai state messe alla prova, mentre bisogna ritenere saldissima quella che rintuzzato tutti gli assalti”. Un grande arande, MV
9. Gg carissimo, nonostante la depressione del post crociera che mi sta assalendo in queste ore (tu solo puoi comprendermi!!!), ho letto e riletto con molta attenzione il tuo scritto che hai voluto sottoporre riservatamente alle mie preliminari osservazioni. Ti prego di considerare queste mie brevi riflessioni solo come pensieri in libertà, da cestinare senza alcuna remora e titubanza. Innanzitutto, toglierei i riferimenti ai nominativi dei “critici”, così come decisamente toglierei i riferimenti alla carriera, all’omosessualità, ecc. del mondo ecclesiastico. Parimenti, ti invito a rileggere tutto il testo per verificare qualche maiuscola in più e in meno e qualche raro refuso. Passo ora ai commenti. Modificherei l’impostazione del testo, rendendolo piuttosto una riflessione che evidenzi due punti fermi: il “FINE” e il “MEZZO”. Adesso, molto probabilmente, vado ad imbarcarmi in un ambito per me minato (con quale conoscenze posso, io digiuno di tutto ciò, parlare di teologia ad un prete???). Le sofferenze di Santina, a mio avviso, sono e/o sono state un MEZZO per rafforzare (seppure ce ne fosse stato bisogno) il tuo continuo e costante perseguimento del FINE che è la fede in Dio. Quindi precedenza assoluta al FINE. E qui non ci sono dubbi, siamo perfettamente d’accordo. Un MEZZO (importante, penso, ma non esclusivo) è stata la sofferenza di tua madre; il modo con il quale l’ha sopportata; la speranza cristiana (“quella vera che non delude”) con la quale ha affrontato ed accettato questa sofferenza. Che bell’esempio che ha offerto al suo figlio sacerdote! Il sorriso e la serenità di Santina, che sono i segni più belli e più puri della sua fede, secondo me, tu li hai saputi cogliere appieno nella loro totalità e trasformarli in una occasione di catechesi. Un MEZZO (non “il” MEZZO), dunque, importante che ha segnato profondamente la tua vita, offrendoti numerose occasioni di crescita e di arricchimento per la tua missione sacerdotale. Una via privilegiata, la definirei, per giungere ancor meglio al FINE Una crescita e un arricchimento che, tramite il libro (nelle sue molteplici edizioni), il sito internet, il canale YouTube, la “piazza” di FaceBook, hai messo a disposizione di tante persone e condiviso con loro. Una circostanza, insomma, che, sapientemente gestita (come hai saputo fare) con i moderni mezzi di comunicazione sociale, ha amplificato al massimo un percorso catechetico a beneficio dei tanti utenti di questi strumenti. Tutto orientato esclusivamente al FINE (roccia del mio cuore è Dio!). Prova a riflettere su queste domande: come sarebbe stata la tua missione sacerdotale senza il “calvario” di Santina? Quali altre occasioni avresti potuto avere per esercitare, su così tante persone, il tuo ministero pastorale. Tramite la sofferenze di Santina, poi, è iniziata anche una significativa attività caritativa che ha prodotto e continuerà a produrre dei risultati di tutto riguardo. Anche questa beneficienza, a mio avviso, costituisce un altro MEZZO per agevolare il raggiungimento del FINE, esclusivo e unico obiettivo del tuo agire intorno alle vicende di tua madre. Ciò detto (perdona tutta la confusione con la quale ho esposto il mio pensiero, nonostante i numerosi tentativi per cercare, ma purtroppo invano, di metterlo in ordine), ritengo che le critiche formulate trovano fondamento su una confusione di fondo: confondono il MEZZO con il FINE, ignorando, purtroppo, totalmente quest’ultimo. Solo così, forse, possono trovare, anche se mi risulta faticoso comprenderle, ragione d’essere. Sono forse i viaggi (che polemicamente, a favore dei critici, non chiamo, come dovrei, pellegrinaggi) dei soli momenti di svago? Non credo. Lourdes (Via Crucis), Ars (pellegrinaggio sacerdotale), crociera di Natale (pastorale e colloqui spirituali), con una disabile al seguito bisognosa di tante attenzioni, che cosa sono? Sistematicamente, poi, dopo questi pellegrinaggi, seguono i relativi “quaderni”. La loro lettura, secondo me, rappresenta una ulteriore occasione di crescita religiosa per i lettori. In queste brevi cronache, aldilà di qualche amena cronaca di viaggio, trovano ampio spazio i riferimenti al Vangelo, alla preghiera, alla riflessione spirituale. La tua “attenzione” al MEZZO non ti ha mai distratto dal FINE. Anzi, secondo me, tramite il MEZZO, tramite questo MEZZO, ti è stata offerta una ulteriore possibilità di crescita spirituale personale e una grande occasione per il tuo ministero pastorale al servizio del FINE. In conclusione (anche se vorrei scriverti ancora tante altre osservazioni, magari con il rischio di aggiungere confusione a confusione), non mi angoscerei più di tante delle critiche (seppure sia giusto esaminarle con molta attenzione). Preferirei, se fossi in te, soffermarmi a riflettere, completare e ad ampliare (ovviamente con parole più appropriate e corrette) la profonda differenza tra il MEZZO e il FINE. Compreso ciò (intendo: fatto comprendere ciò ai critici), penso, possiamo fumarci il nostro mezzo sigaro e berci il nostro bicchiere di wiskey, in tutta serenità e tranquillità. Un abbraccione e a presto (con il sigaro e il whiskey!!!!).
10. Carissimo don Gigi, scusa se rispondo con ritardo alla tua mail del 23 aprile 2010, ma sono stato preso da un convegno che ho organizzato io e ho avuto poco tempo per me. Ho letto comunque la tua mail con interesse ed attenzione. Quello che penso della storia di mamma Santina te l’ho già espresso in altre occasioni e non cambio opinione. Mi sembra che l’esperienza che stai vivendo sia un’esperienza molto ricca di contenuti sia sul versante umano sia su quello spirituale. Non mi meravigliano le critiche che ti arrivano da varie parti (anche da parenti e persone che ti sono vicine…) e soprattutto da persone che frequentano l’ambiente ecclesiale. Da un lato non puoi pensare che questa “avventura” sia condivisibile da tutti: come ben sai ci sono sempre persone a favore e persone contro per ogni cosa. Lo vedo anche nel mio lavoro: se fai le cose fatte bene, c’è sempre qualcuno che ha da ridire; se le fai male, hanno da dire;se non le fai idem se le fai peggio ancora…questo per dirti che è forse naturale che qualcuno non sia d’accordo con quello che stai vivendo e come lo stai vivendo. Da un altro punto di vista ho l’impressione che, come scrivi, a qualcuno può dar fastidio l’esempio di vita che proponi…forse perchè lo costringe a prendere dlele posizioni che non vuole prendere.Tutto nasce dal “cuore”, non ti pare!?! se il “cuore” vede positivo ok, altrimenti…mi viene in mente una storiella orientale che racconta come su un terrazzo si vedono due ombre vicine e chi passa da lontano dà il suo giudizio: c’è il bambino,dal cuore puro, che dice “sono un papà e una mamma che si vogliono bene”; c’è l’adulto malvagio che pensa “guarda sono due amanti che fanno le corna ai rispettivi coniugi…”. Non è proprio così la storia ma per farti capire… Mi piace quando parli della “bussola che si chiama Santina”: forse ti ho già espresso la mia sensazione che questo dono che il Signore ti ha fatto (= di avere una bussola come Santina…) può essere un aiuto che ti viene offerto per continuare a vivere n un ambiente-come quello romano- così pieno di pericoli per un cristiano (dovrebbe essere il contrario, visto che Roma è il centro dlela cristianità); è un dono che forse comprenderai appieno più avanti…Come puoi pensare di portare Santina in una casa di riposo per far tacere le voci di certe persone stolte? Continua a godertela fin che il Signore te la lascia accanto: d’altro canto mi smebra che hai già preso questa decisione con Carolina, ed è per me la decisione migliore. Ti suggerisco un criterio che ritengo molto buono per sapere se sei sulla strada giusta ( ma sicuramente lo conosci già…): al primo posto ci deve essere il SIgnore sempre. Se il SIgnore è al primo posto nella tua vita, prima ancora di mamma Santina, allora sei sulla strada giusta. Un altro suggerimento, che traggo dalla tua stessa mail,(“non penso che tutta questa pagina finirà su internet…) è quello di non mandare più scritti o inviti alle persone che non comprendono questa esperienza di vita. Non possiamo tenere tutti accanto, anche se lo vogliamo e se perdere alcuni ci fa male perchè gli vogliamo bene e ci saremmo aspettati un atteggiamento differente da quello manifestato. Caro don Gigi,avanti senza mai perdere la speranza (lo dice anche il titolo del libro). Ricordami nelle preghiere, come cerco di fare io nei tuoi riguardi. Un abbraccio,G.
11 Carissimo don Gigi, ho meditato sui temi che mi hai proposto e sui quali mi hai chiesto consiglio. Devo dirti in proposito che talvolta mi sono anch’io interrogato su alcune modalità con le quali stai portando avanti la “storia” di mamma Santina, domande alle quali però trovavo immediata risposta consistente nel concentrarmi sulla sua figura come elemento centrale e, quindi, questo faceva passare in secondo piano ogni altra eventuale considerazione. Poiché ora, come dici tu, “aumenta il numero di persone che vedono con sospetto tutto quello che facciamo” si impone, e mi impongo, una riflessione più compiuta e profonda in modo da contribuire a sostenerti in questo frangente. Innanzitutto se fossi in te cercherei di tenere separate nelle critiche due profili ben distinti e cioè (I) chi ‘sospetta’ e invita a lasciar perdere e (II) chi invece consiglia di ripensare alcuni aspetti. Io ignorerei del tutto le prime mentre proverei a riflettere sulle seconde. In sostanza io penso che quello che hai fatto e stai facendo per tua mamma sia giusto, quando non doveroso e necessario, oltre che bellissimo e anche formativo per chi sa leggere tra le righe delle esperienze degli altri. Il bene che hai tratto da questa dolorosa vicenda personale è infinitamente superiore a qualsiasi altro eventuale aspetto “negativo” secondario e, quindi, ritengo fermamente che tu debba proseguire su questa strada. Il suggerimento che mi sento di darti concerne invece alcuni aspetti sui quali possono nascere equivoci, anche in buona fede, che possono portare fuori strada; io, ad esempio, valuterei bene l’opportunità di inviare a tutti la cronaca di quello che fai con Santina: questo può essere infatti letto da qualcuno come un eccesso, può essere interpretato come un desiderio di mettersi in mostra e di autoreferenzialità, come un’esigenza di approvazione non richiesta. Perciò potresti provare ad inviarla solo a chi sai che l’apprezza, tenendola poi a disposizione di chi te la dovesse chiedere, e ti direi anche di togliere tutti quei riferimenti che possono dare un’impressione del tutto opposta ai tuoi intenti: ad esempio il soffermarsi su alcuni riferimenti (quali la nave da crociera, la camera d’albergo, gli spettacoli, l’appartamento di Gerusalemme) può distorcere il senso del tuo pensiero e indurre a pensare che tu voglia metterti in mostra… Devi anche considerare, a tal proposito, che la tua posizione di sacerdote che sta nella “stanza dei bottoni” ti espone, di per se stesso, a considerazioni più severe e impietose da parte di chi, magari, vive con minor soddisfazione la propria dimensione: mi riferisco, qui, in particolare, ai sacerdoti e religiosi che vedono la tua condizione come quella di un privilegiato, per il quale “è facile” fare e ottenere alcune cose rispetto ad altri. Forse, caro don Gigi, il tuo straripante entusiasmo che smuove tutto dà un po’ fastidio, nel senso che magari mette in crisi chi vive nel suo tran tran quotidiano e non si pone troppe domande…e qui penso che i più ‘colpiti’ siano proprio i religiosi, che vedono con sospetto o distacco chi, tra di loro, ha il coraggio di mettersi a nudo davanti a tutti, esprimendo coram populo le possibili contraddizioni della vita personale e professionale: la sofferenza nascosta e quotidiana di un anziano da un lato e la vita in ambienti d’elite dall’altro, la malattia invalidante e il successo professionale, il nascondimento e l’umiltà dei miti e la carriera tra i potenti…. Io penso che tutto questo dia fastidio, tanto fastidio da volerlo rimuovere da torno per non doversici confrontare. In conclusione, carissimo, concordo con il tuo intento di proseguire sulla strada intrapresa, continuando a diffondere la vita e l’esempio di Santina. Un forte abbraccio PP
14. Carissimo don Gigi, ti ringrazio per la dimostrazione di amicizia e di stima che mi dimostri nella tua mail del 6 maggio, ma non sono così bravo dal punto di vista professionale e ,purtroppo, ho ancora tanto da “darmi da fare ” sul cammino dlela fede. Per questo ti chiedo sempre di ricordarmi al Signore nella preghiera: perchè Lui mi tenga sempre la mano sul capo affinchè io possa accogliere e dare sollievo alle persone che mi chiedono aiuto e perchè continui a mantenere il filo di amicizia che mi lega a Lui.
La situazione che mi prospetti e che riguarda il comportamento di un tuo parente non è rara nelle dinamiche familiari; nel tuo caso vedo che non si comporta così solo con mamma Santina ma con tutti in generale, per cui probabilmente si tratta di un comportamento che nasconde dinamiche inconscie . Anche nella mia storia famigliare sono accadute “defezioni” di questo genere, quasi sempre senza motivi (almeno a livello cosciente). Mi sembra che tu abbia già tentato diverse strade (con le “buone” e con le “cattive”) senza però ottenere alcun risultato. Il mio Direttore spirituale, anni fa di fronte alle mie rimostranze verso un carissimo amico (“tra l’altro anche prete”) che – all’improvviso – non si era fatto più sentire senza motivo apparente, mi ha suggerito di farmi vivo tre volte con lui e poi di lasciar perdere. Cosa che ho fatto, non senza sofferenza. Ma questo mi ha aiutato a “prendere un po’ le distanze” dalle emozioni che si agitavano in me a causa di questa storia e che mi impedivano di affrontare il quotidiano con serenità.
Per questo ti ho suggerito di lasciar perdere, affidando tutto alle mani del Signore.
Se ci pensi, da quando nasciamo molte persone entrano a camminare con noi sul sentiero della vita: alcune ci sono da quando siamo nati, altri ci sono per un pezzo di strada e poi “spariscono”. Persone che ritenevamo “importanti” si rivelano il contrario, altre che non tenevamo in conto invece si rivelano “preziose”.
Alcuni li incontriamo nella giovinezza, altre nell’età adulta. Io penso che non possiamo tenere tutti per sempre. A volte quelli a cui teniamo tanto, anche a livello affettivo, ci lasciano delusi. Ma noi dobbiamo andare avanti, nonostante tutto e guardare alle persone nuove che incontriamo e a quelle che ci accompagnano da sempre “nonostante tutto”.
Tu hai già sperimentato in parte questo: lo hai raccontato nel libro quando parlavi di vecchi amici che ti hanno abbandonato ( ma non c’è anche un salmo che dice così? “i vecchi amici mi hanno abbandonato…mi credono un’illuso, un esaltato…) di fronte alla malattia di mamma Santina. Ma hai anche osservato che di fronte a porte che si chiudevano, altre se ne aprivano.
Continua sulla tua strada, con serenità e gioia.
Un abbraccio anche a mamma Santina. Buon fine settimana, ciao G.